30th

Settembre

Intervista a Mauro Pagani

In un periodo in cui la musica attraversa una profonda crisi di contenuti e compostezza artistica, incontrare un musicista come Mauro Pagani diventa un piacere per l’intervistatore. Parlare con lui, significa attraversare quarant’anni di musica partendo dalla sperimentazione psichedelica della Premiata Forneria Marconi fino all’esplorazione di incontri pluri-etnici. Non dimentichiamo che la proficua collaborazione con De André ha dato vita ad uno dei capolavori letterari in musica più belli degli ultimi trenta anni: Creuza de ma.

Allora, Pagani, mettendo in disparte la nostalgia in principio era Premiata Forneria Marconi. Cosa ricorda di quel periodo?
“E’ stato un periodo molto proficuo. Era l’atmosfera che ci circondava ad essere speciale e straordinaria. Eravamo pieni di creatività perché vivevamo di utopia ed ogni sogno che cantavamo non ci sembrava mai abbastanza. Andavamo sempre oltre”.

Lei si è diplomato al Conservatorio ed il violino è un autorevole compagno del suo viaggio artistico. Quanto conta per un musicista una formazione aulica?
“Non si tratta di mettersi su un piedistallo o di avere una posizione privilegiata. Diciamo pure che una formazione musicale di questo genere ti consente di impadronirti di diversi strumenti che ti permettono di muoverti agiatamente tra più generi”.

Sono pienamente d’accordo anche perché lei di strade ne ha provate tante, passando anche per il teatro e per il cinema. Cosa mi dice del “Sogno di una notte di mezza estate” diretto da Salvatores?
“E’ stato uno scambio sorprendente quello con Gabriele, anche perché al di là della macchina da presa, lui è uno che ti coinvolge parecchio. E le musiche di quella rilettura shakespeariana rispecchiavano la voglia di tutti noi di trovare possibilità di muoverci in maniera diversa. Ci siamo divertiti molto”.

Creuza de ma, l’album scritto a quattro mani con Fabrizio De André, resta una punta di diamante del nostro canzoniere. Perché secondo lei?
“E’ stato un album nato in maniera spontanea, a seguito di un viaggio fatto nel Mediterraneo. Come ha detto qualcuno, una sorta di odissea musicale e spirituale. Ogni volta che lo si ascolta si ha sempre l’impressione che venga fuori un particolare nuovo. Certamente questo è uno dei motivi che mi ha spinto a ripubblicarlo, a parte l’omaggio ad un dolce ricordo”.

E’ vero che ci doveva essere una seconda parte?
“Il progetto era in cantiere. Poi Fabrizio è scomparso e non ne abbiamo più riparlato, anche se alcuni pezzi di quella session sono stati inseriti nell’album Le nuvole, un bellissimo traguardo discografico”.

Cosa le manca di più di Fabrizio De André?
“Le cose semplici, i gesti quotidiani: le nostre chiacchierate al telefono, i nostri silenzi davanti ad un buon bicchiere di vino o quando commentavamo insieme le pagine del giornale”.

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