9th

Maggio

Intervista a Gualtiero Marchesi

La cloche si alza. E appare lui: il riso in black. Spolverato di scaglie d’argento. Come un abito da sera punteggiato di lustrini. È Un’idea brillante. Così il Maestro Gualtiero Marchesi ha voluto chiamare la sua novella creatura: un risotto al nero di seppia impreziosito da argentee pagliuzze. Un capolavoro di gusto e di equilibrio, gemmazione in noir di quella mitica in gold. Lo assaggio e mi commuovo. Intuisco che il bellissimo è davvero buonissimo. Che la perfezione è realmente sublimazione di semplicità, armonia, verità di materia, essenza di forma ed assenza di superfluo. La cucina totale di Gualtiero Marchesi è lì, davanti e intorno a me. Seduta à la table nella scenografica cornice del franciacortino ristorante di Erbusco.

Capisco. Gualtiero Marchesi sta a tre metri sopra il cielo. E non servono stelle per illuminarlo. Il suo sguardo è lucente, vivo e vibrante. E dopo ottantantun anni guarda sempre avanti. “Sono moderno per quel tanto che mi concede la storia“, dice serenamente. Mentre distilla un po’ di passato, manteca il presente e versa l’impasto per il futuro. Fra cui spicca la nascita di una fondazione (in quel di Villa Torelli Mylius, a Varese) a lui intitolata e vocata alla coltivazione delle arti: dalla musica alla pittura, dal teatro alla cucina.

Maestro, a proposito di progetti, so che sta orchestrando la ristorazione del Grand Hotel Tremezzo, sul Lago di Como.
“Sì, è un posto talmente bello. Ha cent’anni. È lusso, eleganza, storia. I titolari sono collezionisti d’arte, persone colte. Ti senti stimolato a fare mille cose. E poi c’è una splendida terrazza sul lago e un magnifico parco. Dove riesco a concentrarmi perfettamente”.

Gli brillano gli occhi mentre ne parla. E lancia un’idea geniale, mutuata dall’Oriente.
“Ho pensato a un tavolo a tutto tondo. Con una parte centrale che gira e sulla quale vengono assortiti diversi piatti. Così si parla, si mangia ciò che si preferisce e non si è obbligati a decidere. È un modo per sdrammatizzare il cibo. A Milano, al Marchesino, è già pronto. Penso sia un’ottima soluzione per gli uomini d’affari”.

Invece, mi pare che alla tavola M’arte di Erbusco accada proprio tutto il contrario. Vero?
“Certo. Gli ospiti mangiano quello che dico io. Il menu è scenografico e, come la cucina kaiseki in Giappone, gioca su consistenze, contrasti e colori. Io, comunque, spiego tutto, passo dopo passo. E pongo anche un diktat: in questo caso non si beve vino. Per gustare al meglio ogni singolo ingrediente”.

Torniamo all’arte. Ci racconti l’indissolubile rapporto che ha con lei.
“Sono vissuto di musica. E la cucina è come la musica. Non è mai uguale. C’è sempre di mezzo l’esecutore. E poi mi muovo, osservo e se un oggetto mi colpisce lo compro. Lo dico sempre ai ragazzi: andate alle mostre. Perché noi siamo quello che abbiamo visto e quello che abbiamo potuto fare.”

E lei di piatti-opere ne ha realizzati tanti. Dal dripping di pesce, ispirato a Jackson Pollock, all’uovo al Burri, fino alle quattro paste, pronte a rievocare le reiterazioni di Andy Warhol.
“Sono quattro forme di pasta, di diversa consistenza. Condite con un filo d’olio e servite su uno specchio. Bisogna solo masticare. Perché se noi masticassimo di più scopriremmo che il valore sta dentro, non fuori”.

Ci svela qualche nuova creazione?
“Anzitutto, sto reimpostando la carta. Suddividendola fra antipasti, paste fredde (cotte e raffreddate), paste calde, risotti, pesce e crostacei, carni e trancio. Una nuova pietanza è il risotto ca’ pummarola ‘n coppa. Un riso al parmigiano arricchito da polvere di pomodoro. Un piatto semplicissimo e straordinario”.

E cosa pensa Gualtiero Marchesi della cucina contemporanea?
“Non riesco a capire dove stia andando in questo momento. Fanno tutti i compositori ma non si può creare senza conoscenza. Inoltre, è utile ricordare che la cucina non è solo sapore, ma anche tempo e memoria”.

Certo, passato, presente e futuro convivono nel buon cibo. E la tecnologia che ruolo ha in tutto questo? So che al Marchesino avete introdotto il menu su iPad. Da visualizzare con un touch.
“L’idea è venuta a mio genero. E trovo sia fantastica. Quando acquisti un abito prima lo vedi. E questo deve valere anche per un piatto. Del resto, gli spaghetti al pomodoro sai bene come sono. Ma una ricetta come carn’è pesce non è facile da intuire. Sono infatti filetti di branzino e di manzo alternati e accompagnati da tre salse. Prima di ordinarli è meglio visionarli allo schermo”.

E con internet come se la cava?
“Non so nulla né di Facebook né di Twitter. E uso YouTube solo per guardare i miei nipotini che suonano”.

Poi Gualtiero Marchesi prende un dvd e preme start. E appare la giovanissima nipote Lucrezia davanti al pianoforte. Mentre muove magistralmente sulla tastiera le rapide dita fatate. Il viso di nonno Gualtiero è rapito. E il suo cuore applaude.

Per maggiori informazioni: www.gualtieromarchesi.it

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