15th

Maggio

Sotto la mascherina siamo sempre noi

Per il momento l’utilizzo della mascherina risulta fondamentale durante la Fase 2 a seguito dell’emergenza Coronavirus. Un pezzo di stoffa colora il nostro volto e modifica il nostro apparire. Ci nasconde, ma ci fa essere nel mondo. Ci protegge e ci rende un po’ livellati, omologati. Un mostrarsi indistinti, accomunati dalla prudenza e dal timore. Eppure, nessuno si scordi: sotto, siamo ancora noi

La mascherina è la nuova parola entrata nel dizionario quotidiano, il nostro accessorio fidato, uno status ordinatore, legittimante. Ci tutela dal contagio, ci fa comunicare con lo sguardo, limita e protegge allo stesso tempo. Quasi rivoluzionaria. Distanzia, ricorda le norme da seguire per la ripartenza e simultaneamente avvicina, accorpa, esprime una condizione condivisa. La mascherina poi prima utilizzata solo dagli operatori sanitari o dai cari dentisti, ora è quasi come uno smartphone, non puoi non averla. Per dovere e per legge. Per proteggere te e gli altri. E non puoi non averla, ancora, altrimenti sei anacronistico, fuori tempo, fuori luogo, in ritardo.

Tuttavia, oltre l’ironia, i due elastici che percorrono il perimetro del nostro viso, sono a dir poco efficaci, magici, tutelano la nostra e la salute altrui, incarnano la parola responsabilità. Si torna, allora, gradualmente alla normalità con un’amica in più: la mascherina. Attualmente va indossata come un grande difensore che può solo aiutare contro l’antagonista invisibile.

Essere o sembrare

Il concetto di maschera è stato introdotto introno al 530 a.C. nel teatro greco come strumento utile per lo spettacolo. Occorreva amplificare tutto, dalla voce alla fisionomia del volto per rendere gli attori simbolici e particolari. La maschera permetteva ad un singolo individuo di recitare più parti, di essere poliedrico, di cambiare identità.

Facendo un salto temporale fino ai primi anni del 1900, arriviamo a Pirandello secondo il quale l’uomo indossa molte maschere per mostrarsi come in realtà vorrebbe essere. Parte la dialettica tra verità e finzione. Vita e forma. Si assumono filtri per interagire nella società, l’esistenza come un palcoscenico, secondo l’autore, è contaminata dall’inautenticità. Ognuno recita una parte diventando marionetta di se stesso.

Tornando al nostro tempo, quello del Coronavirus, oltre il pessimismo pirandelliano, si può convenire sul fatto che il travestimento non è mai senza uno scopo preciso. Nell’uomo moderno il travestimento viene assunto per combattere una debolezza, un virus. E allora oggi la mascherina non nasconde noi, nasconde la nostra legittima paura.

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