29th

Gennaio

Sandro Sechi

Che piaccia o meno la figura di Oriana Fallaci, tutti riconoscono la sua grande energia letteraria e vitale. Pochi ebbero l’opportunità di entrare veramente in contatto con la sua sfera più intima come accadde a Sandro Sechi, che fu il suo assistente a New York e divenne i suoi occhi, come lei lo definì, dopo che il cancro le prese anche la vista. Gli Occhi di Oriana è il libro-diario in cui Sandro racconta questa esperienza, con la dolcezza quasi di un nipote, senza però prendere parti. Al bando le polemiche sulla scelta di Sandro, ecco cosa ci ha raccontato lui direttamente dalla Grande Mela.

Qui in Italia sembrano tutti così impegnati ad apparire, alle feste, in tv, sui giornali, e perdono di vista la natura dell’arte. A tal proposito, ci racconti un po’ come ti sembra la scena musical-artistico-letteraria di New York?
“La vita a NY è incredibilmente scoppiettante, ogni settimana ci sono centinaia di opportunità da non perdere. La migliore underground la si ascolta e si balla al
Cielo, club nel cuore del meatpacking district che ha appena festeggiato i quattro anni di successo, dove il lunedì e il mercoledì si vivono atmosfere insuperabili. Se ti piace la house le serate Melting Pot sono stupende, dove incontri veramente le persone più cool. Altri locali carini sono Hiro all’Hotel Maritime, e l’APT.”

Per quanto riguarda il tuo libro, invece, cosa hai provato nel rileggerlo? Credi che qualcuno ti proporrà di trarne un film?
“Da quando è stato pubblicato l’ho riletto varie volte e, ti dico la verità, ogni volta lo trovo sempre più tenero, non capisco proprio questo accanimento contro il libro da parte di molti personaggi italiani. Ho parlato riguardo ad un eventuale film del libro con un’importantissima casa di produzione italiana, ma e questi sono i chiari di luna, preferisco rivolgermi al mercato americano. Intanto ho iniziato a scrivere la sceneggiatura del libro in inglese, poi ci penserò.”

Chiederti come era Oriana pare banale, visto che dal racconto emerge fortemente la sua figura. Però, se ti va, puoi dirci cosa ti ha colpito di più di lei, cosa ti ha lasciato nel cuore? E qual è il ricordo a cui sei più legato?
“Una delle cose che più mi colpirono della Fallaci fu l’energia e l’amore che impiegava per fare le cose, anche le più semplici. Oriana preparava un hamburger o scriveva una pagina del suo romanzo con lo stesso infinito amore e con la stessa chirurgica precisione. Il ricordo a cui sono più legato è la giornata in cui Oriana mi dischiuse i segreti del suo “bambino” il romanzo ancora inedito a cui teneva più di ogni cosa.”

Alla fine del diario ci si scontra con la cruda realtà, anche del mondo del lavoro… un giorno sul trono ricoperti di attenzioni e il giorno dopo giù. Quale futuro vedi per i giovani giornalisti?
“Purtoppo viviamo in una società sempre più dettata alla frettolosità, per non dire al pressapochismo. Il giornalista, giovane o anziano che sia, è visto sempre più come un arido elaboratore di francobolli. Gli articoli sono diventati dei francobolli, per dimensione, da appiccicare qua e là a seconda dell’opportunità. Ormai li può scrivere chiunque. Il valore creativo non è apprezzato, anzi per molti versi è temuto.”

La cosa che ti manca di più dell’Italia e quella che invece non rimpiangi? E la cosa che ti fa sentire a casa anche a NY?
“Dell’Italia mi mancano gli amici, ne ho tanti e cari. La cosa che non mi manca affatto è il provincialismo caciarone di ogni cosa che appare in stampa e in tv. Il fatto di trovare la botarga al supermercato mi fa sentire a casa anche qui a New York.”

Consigli dalla Grande Mela? Ci diresti un locale di musica live?
“Per ascoltare jazz dal vivo, oltre al solito validissimo Blue Note, mi piace il Fat Cat, mentre per ogni altro genere di musica dal vivo il Joe’s Pub è eccezionale.”

Uno scrittore…
“Uno scrittore che mi piace è Kevin Young, afro-americano che ha appena presentato una raccolta di poesie dedicate alla comunità afro degli stati del sud.”

Un museo.
“In questo momento il museo Cooper Hewitt propone una imperdibile mostra sul design Americano degli ultimi tre anni “Design Life Now: National design triennal 2006.” Il metropolitan espone il verismo Tedesco degli anni Venti con opere, fra gli altri, di Otto Dix e Christian Schad. Il mio museo preferito resta comunque il DIA Beacon, museo di arte contemporanea allestito in un bellissimo complesso industriale dismesso ad un’ora dalla città.”

Un ristorante.
“Il mio ristorante giapponese preferito e Hiro, sempre all’Hotel Marittime, per la cucina Tailandese consiglio lo Spice Market e il Tao. Oltre al cibo delizioso questi locali offrono allestimenti scenografici spettacolari unici al mondo. Per la cucina americana del sud misto messicana consiglio il Mesa Grill, carissimo, ma veramente ad altissimo livello.”

Un programma televisivo.. se c’è!
“La tv non l’ho mai guardata neanche in Italia, comunque il Letterman show insieme al Saturday night live restano I soli guardabili.”

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