4th

Ottobre

Rc Vire

Scrivere-dipingere, questo il significato del verbo giapponese Kaku, che si concretizza  nell’elaborazione di RC VIRE, divenendo studio del segno grafico e rappresentazione della natura. Rc Vire non ama farsi fotografare e attraverso le esperienze come writer agli inizi degli anni ’90, il percorso di questo artista segue il filo conduttore dell’ambivalenza tra linee e segni e dell’equilibrio tra pieni e vuoti che, concatenandosi e strutturandosi, danno vita, all’interno della Galleria Avantgarden dal 4 ottobre al 4 dicembre, a una nuova immagine complessiva. Indaga la natura e le linee da essa disegnate, per comprendere i reale attraverso i segni da esso stesso forniti, abbandonando l’orizzontalità della scrittura occidentale per approdare ad uno sviluppo verticale, ispirato dal senso di ascesa di elementi quali alberi e bambù.

Ci parli del concept di questa mostra e ci descrivi in breve come si svilluppa?
“Per tutto il periodo dell’esposizione continuerò a intervenire sulle tele e nello spazio della galleria, definendo e disegnando nuovi getti. I quadri sono piccole opere aperte che colloquiano con le pareti e con lo spazio della galleria. L’osservazione continua suggerisce tensioni e sviluppi.”

Cosa ti ha più influenzato in Giappone, che qui in Italia non trovi?
“C’è un errore di fondo. Cerco di limitare il campo d’azione a certe linee, ma sono interessato a tutto quello che mi sta intorno. Semplicemente ora trovo più interessante una pianta di una costruzione. Ed è possibile incontrare piante e costruzioni, sia in Italia, che in qualsiasi altro posto. E’ innegabile che parte della cultura nipponica tradizionale sia stata influenzata dalla dedizione all’osservazione profonda della natura.”

In che modo credi sia in relazione lo sviluppo verticale della scrittura in Giappone con la sua filosofia e in che modo lo sviluppo orizzontale è relazionato al pensiero “occidentale”?
“Lo sviluppo verticale per me è legato alla crescita e alla natura, credo che un linguaggio che tenga conto dei movimenti naturali possa essere meno razionale e al tempo stesso più preciso.”

Pieni e vuoti. Contrasti che si completano… il passaggio dal singolo individuo alla natura. Parlaci di questo…
“Qualcuno ha detto che l’arte parla sempre di vita e di morte. Il nostro occhio tende al completamento delle forme, perchè la nostra mente istintivamente cerca il completamento, la conclusione. La vita invece è fatta di cose dette e cose ancora da dire.”

Come ti ha influenzato l’esperienza di writer? Cosa ne pensi della grande attenzione che il graffitismo sta avendo in questo ultimo periodo? Non ti sembra che venga un po’ troppo strumentalizzato, cosa dalla quale, in origine, esso rifuggiva? In giro sto notando un po’ troppi “neo Basquiat”…
“Guardo ancora le cose da writer. Io ho iniziato a dipingere sulle strade quindici anni fa, senza nessuna cognizione artistica e come altri sono stato un ragazzino fissato che passava ore e ore a spaccare lettere. Tanta passione, ma nessuno si sognava di autodefinirsi artista contemporaneo. La mostra a Milano Mi name is è stata un tuffo nel passato, ha raccolto testimonianze e verità. E’ stata puntuale e senza forzature; frutto di un lavoro sul campo, onesto. E’ una strada da seguire. Quando invece l’evento si sostituisce alla realtà, si rischia di assistere a una caricatura ingestibile.”

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