Con Dedalo e Icaro rivive il mito sul palco dell’Elfo Puccini, in una rilettura di forte impatto sociale, affrontando il tema dell’autismo
Una rilettura particolare quella di Dedalo e Icaro, il mito in scena al Teatro Elfo Puccini dal 15 gennaio al 3 febbraio. Una drammaturgia di Tindaro Granata, per la regia di Francesco Frongia e Giacomo Ferraù (quest’ultimo in scena insieme a Libero Stelluti, Giulia Viana, Vincenzo Giordano).
Il mito greco di Dedalo e Icaro è noto a tutti. Icaro vive nel labirinto di Cnosso, costruito dal padre Dedalo, in cui si aggira un’oscura creatura metà uomo e metà animale, il Minotauro. Il padre, per amore del figlio, raccoglie negli anni delle piume: vuole creare delle lunghe ali per poter uscire dal labirinto. Un bel giorno, i due decidono di spiccare il volo. Il padre avvisa il figlio di non avvicinarsi troppo al sole ma il figlio non lo ascolta. Si avvicina, sordo, e così le ali, assemblate con la cera, si sciolgono: il ragazzo precipita nel mare.
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La rilettura del mito sul palco dell’Elfo Puccini
Il ‘labirinto’ di questo Dedalo e Icaro in scena all’Elfo è l’autismo, di cui è affetto Icaro. Un labirinto eterno, che non prevede cure, delle uscite apparenti, ma sono solo un’illusione. Con lo stesso amore con cui Dedalo ha costruito le ali con la cera, adesso può sorvegliare il figlio.
Esiste un modo per uscire dal labirinto? Cosa è disposto a fare il padre per insegnare al figlio a volare in uno spazio che non ha limite? Dedalo può lasciare suo figlio da solo, può farlo volare verso il cielo, senza temere di andare verso il sole? Dedalo e Icaro è uno spettacolo intimo, in grado di far riflettere lo spettatore su quella caduta, inevitabile se si è in queste condizioni. Sul terrore dei genitori che i figli non riescano a vivere dopo di loro. Che senso ha, allora, costruire delle ali di cera? Toccante, da vedere. Appuntamento all’Elfo Puccini dal 15 gennaio al 3 febbraio.
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