21st

Settembre

Trap e basta: viaggio nella “musica” del momento

Trap, ovvero fenomeno del momento oppure “musica da ragazzini”. Un genere che arriva dagli States ma che diventa un caso anche in Italia. Che nasce, in gran parte, a Milano e dintorni.

In un mondo che vuole togliere Lucio Battisti dallo streaming – In un mondo che non ci vuole più, a tutti gli effetti, a dominare la scena musicale del momento è il Trap che con lo streaming, invece, ci sta dentro di brutto. Si dirà ancora così, poi?

Definito da alcuni come il nuovo cantautorato – Mogol, Battisti, mi leggete? – il rap con una lettera in più spopola tra i ragazzini che ascoltano una “nuova” musica (ma che in realtà arriva da molto lontano). Arriva, infatti, dalle strade di Atlanta (primi anni 2000) e da nomi – famosissimi – come T.I., Young Jeezy, Gucci Mane, ma anche Cardi B, Migos, Future, XXX Tentacion. Chi? Boh. (Giusto per fare un ultimo appunto: trapping significa spacciare, le Trap-house sono le case abbandonate delle periferie americane dove questi giovanissimi, brutti e cattivi creavano i lori versi).

Trap Made in Italy: Ghali, Sfera e gli altri

La definizione appartiene allo slang delle strade, ai sobborghi, al malcontento, roba che a sentire il genere in versione italiana viene da rispondere Ma che, davvero? Ghali è il primo esempio: tra le sue hit, il verso “Sono fuori dal gregge, uno che scrive scemo chi legge“. Sfera Ebbasta “canta”: “Saremo ricchi per sempre, ricchi per semp – uo-oh, ricchi per semp – uo-oh, ricchi per semp – uo-oh“.

Lunghi preamboli a parte, la Trap music è davvero il suono del momento. Una sorta di sottogenere del rap, più dark, più lento, con tanta elettronica, tantissimo autotune, quell’effetto che modifica la voce e la intona magicamente, il cui utilizzo fu un oggetto di dibattito lungo una stagione intera del talent televisivo di Maria de Filippi. Significativo. Il fenomeno trap italiano, rispetto alla sua versione originale e sporca, è decisamente più leggero, è immerso nel vortice commercial-televisivo, è cosa da signora che guarda la TV del sabato sera (Vladimir Luxuria, durante una puntata di Tale&Quale, show di Rai Uno in cui i personaggi famosi imitano i cantanti, ha vestito i panni di Ghali. Ma tutto a posto?). Non è un caso che i testimonial del rap più puro sono contrari a quella T messa davanti al loro genere: “Il trap è musica da ragazzini” dicono haters e puristi.

Eppure il trap va veloce come un fulmine. Il primo è stato Gué Pequeno, con Il ragazzo d’oro, per poi firmare per la stessa agenzia del già citato Sfera Ebbasta. Gué Pequeno che adesso, per l’ultimo suo pezzo pieno di Bling Bling (in puro stile trap), ha deciso di campionare Oro di Mango. Ma veramente fai? Poi arriva Ghali, quello di Cara Italia, hit dal successo stratosferico, sì, esatto, proprio quella della pubblicità. Dark Polo Gang e Capo Plaza sono altri due casi.

Trapper: identikit di una nuova fashion icon

Sono, per la maggior parte, giovanissimi – tra i 16 e i 30 anni al massimo, sono star di Instagram e sono pronti a scrivere versi per raccontare di chi arriva dal basso, di rivincite, di sballo. Con un ritmo più canticchiabile del previsto. Tutti fashion-icon perché vestiti da Gucci (almeno) a salire. Amatissimi e delle vere e proprie macchine da soldi. Eppure non sono poi così distanti dal rap. Ad accomunarli, oltre a grosse catene, tatuaggi e a una specie di malcontento (?) da mettere in rima, c’è anche Milano.

Siamo passati dalle Luci a San Siro di Vecchioni (cantautorato) agli elefanti in Barona di Marracash (ce li ha portati veramente, per girare il suo video d’esordio, Badabum Cha Cha – rap). Come c’è Fedez direttamente da Corsico o Emis Killa da Vimercate, ecco che i “cugini” trappers vengono da Cinisello Balsamo (Sfera Ebbasta, classe 1992), Milano – zona Calvairate (RKomi, poco più che ventenne), lo stesso Ghali, di origini tunisine ma nato e cresciuto nel capoluogo lombardo e così via, periferia dopo periferia. Si aggiungono gli esponenti romani, come Achille Lauro, bolognesi, napoletani, ma il cielo della provincia di Milano, non ce n’è, accomuna la maggior parte degli idoli dei loro coetanei.

Messaggi educativi? Chi può dirlo. Ovvio, il dirty non manca, ma siamo nel 2018 e i ragazzini non ascoltano certi messaggi soltanto dai trappers. Di sicuro non li ascoltano nemmeno più dai cd, come quelli di Battisti o di Mango, strani oggetti che questa generazione non ha mai visto nella vita. Una cosa, però, mette tutti d’accordo. Se c’è un successo di cui si parla ovunque o un fenomeno di mezzo, che piaccia o meno, la nostra Milano c’entra sempre qualcosa. E questo ci sta dentro di brutto.

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