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Novembre

Visioni sospese

In sala il tocco di classe attoriale acclama il ritorno di Cate Blanchett, protagonista di Elizabeth – The Golden age. Noioso Seta, trasposizione del libro di Baricco, e deludente è la rivincita di Coppola dietro la macchina da presa con Un’altra giovinezza.

SEGNI DEL TEMPO – Stephen Frears aveva raccontato in filigrana la decadenza della monarchia britannica nel suo discusso The Queen, mentre adesso sembra che il regista Shekhar Kabur voglia restituire gloria e splendore al vessillo britannico. Elizabeth – The Golden Age, secondo capitolo di quella pellicola che nove anni fa lanciò una misconosciuta Cate Blanchett, riporta sul grande schermo uno dei personaggi carismatici della British History: Elisabetta I, regina guerriera e instancabile che mise in ginocchio la Spagna cattolica di Filippo e offrì all’Inghilterra uno dei periodi più prolifici dal punto di vista culturale. La macchina da presa di Kabur denuda l’anima della protagonista, l’impeccabile interpretazione della Blanchett ne consacra il fascino, la fotografia consegna il film tra le braccia di una pennellata oleografica da “golden age”.

RITORNO DELUDENTE – L’arte e il tempo si sforzano di incontrarsi e convincono così Francio Ford Coppola a tornare dopo dieci anni dietro la macchina da presa. Un’altra giovinezza, tratto da un racconto di Mircea Eliade, è un film complesso e troppo filosofico per mettere a tappeto il cuore dello spettatore. Il bravo Tim Roth, nei panni di un professore rumeno che ringiovanisce dopo essere stato colpito da un fulmine, si muove spaesato in questa pellicola-labirinto, che forse permette soltanto al regista di Il Padrino di ringiovanire davvero. Ringiovanire da cosa? Dall’aumento degli anni che soffocano la creatività? Coppola consiglia di rivederlo più volte, mettendo in crisi i nostri gusti da spettatore: il primo impatto non è affatto un valore aggiunto.

BARICCO MANCATO – Il passaggio dalla letteratura al cinema è alquanto delicato e rispuntano sempre diverse scuole di pensiero a tal proposito. Le pagine di Baricco sono fluttuanti e qualche volta risulta complicato tracciare una sceneggiatura che coniughi immaginazione da libro e visione da cinema. Il regista canadese François Girard porta sullo schermo Seta, avvalendosi di un nome da cartellone: Keira Kinghtley, avvolta da un divismo che le fa perdere di vista il suo personaggio. La trasposizione del libro di Alessandro Baricco risulta noiosa, a volte incompleta, altre volte poco movimentata per cogliere lo spirito della storia. Il disorientamento di un uomo, innamorato di due donne in un viaggio che unisce Oriente e Occidente nella metà dell’800, resta come una traccia abbandonata.

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