12th

Novembre

Valtellina verace. Un’oasi gustosa da scoprire

È un’isola felice lontana dai frenetici ritmi della vita metropolitana

Circondata dal verde e ricca di luoghi suggestivi, la Valtellina è una culla dove rigenerarsi, dilettandosi fra sport all’aria aperta, benessere e ghiotte degustazioni di prodotti tipici. Proprio questi ultimi vantano pregiati titoli, griffati Slow Food, e significative iniziative di tutela come quelle promosse dal nuovo Distretto Agroalimentare di Qualità della Valtellina. Basti pensare al Bitto che, oltre ad essere una dop, è anche Presìdio, così come lo è il grano saraceno. Ma ad essere tutelati non sono solo i prodotti, ma anche i metodi di lavorazione, come succede per la bresaola, fregiata dal marchio comunitario igp. Per non parlare dei vini. La più vasta area terrazzata d’Europa dà vita a due docg (Sforzato e Valtellina Superiore), una doc (Rosso di Valtellina) e una igt (Terrazze Retiche di Sondrio).

Bitto d’annata

Prodotto con latte vaccino intero crudo, esclusivamente munto negli alpeggi della provincia di Sondrio, il Bitto è una vera e propria delizia che, come un buon vino, migliora con il passare del tempo (il suo nome deriverebbe dal termine celtico bittum, che vuol dire “perenne”). Infatti, con il procedere della maturazione, il suo sapore diventa sempre più intenso. La sua stagionatura può durare fino a dieci anni, rendendolo così una raffinata prelibatezza. È invece figlio del latte parzialmente scremato il Casera, versatile formaggio dop nato probabilmente nel Cinquecento come prodotto delle latterie sociali. Per un’ottima degustazione, è consigliabile una visita all’agriturismo La Fiorida di Mantello che, oltre ad essere un’azienda agricola a filiera corta, è anche un accogliente hotel con beauty farm e due ristoranti: il Quattro Stagioni, di cucina tradizionale; e La Présef, con menu gourmet “emozionale” come ama definirlo lo chef Gianni Tarabini.

Accademici pizzoccheri

I valtellinesi sono così fieri del loro celebre piatto tanto da aver istituito la competition Pizzocchero d’Oro (rassegna in programma nel mese di settembre), nonché fondato l’Accademia del Pizzocchero di Teglio, ridente paesino dove tale delizia è nata. L’origine del suo nome? Pare derivare da pinzocher che, nel dialetto locale, significherebbe persona giocosa. E poiché i tellini si definiscono tali hanno pensato di battezzare così la ricetta.

Una formula gustosa che, secondo l’Accademia, recita: acqua, farina di grano saraceno e farina bianca. Per il condimento occorrono invece verze, patate, burro, Casera (fresco da far sciogliere e stravecchio per la spolverata finale) e uno spicchio di aglio. Un indirizzo dove assaggiarli? A Sondrio, da provare sono quelli serviti al ristorante 1862, all’interno del Grand Hotel della Posta, accogliente albergo con spa, nel bel mezzo della città, impreziosito da tele e sculture di arte moderna e contemporanea, come quelle di Arturo Martini.

Di bresaola in bresaola

L’aria fresca e asciutta che discende dalle Alpi e le particolari caratteristiche fisiche del territorio sono i due fattori che conferiscono alla bresaola della Valtellina igp il suo sapore distintivo. In principio nata come modo di conservare la carne, viene preparata con i migliori tagli di manzo italiani, europei e sudamericani, usando solo la punta d’anca, ossia la parte più pregiata della coscia. È in assoluto il “salume” più povero di grassi (100 gr corrispondono ad appena 150 calorie), ma ricco di proteine e sali minerali. Come si usa dire da queste parti, la si può consumare “santa”, cioè al naturale con riccioli di burro al ginepro e pane di segale. Oppure come ingrediente per la preparazione di sfiziosi appetizer, quali gli involtini di melanzane (o zucchine) e caprino.

Altrimenti a corredo delle mele di Valtellina igp (gala o golden delicious) saltate in padella con il burro e marmellata di mirtilli. Versatili sono le produzioni del salumificio Mottolini, a Poggioridenti, che si affaccia sugli affascinati vigneti di Inferno. A sottolineare che esistono diverse varietà, l’azienda realizza più di un tipo di bresaola, come la “Extra”, che ha una salagione lenta e più lunga di quella tradizionale; o quella prodotta con sola carne di fassona piemontese. Piacevolmente speziata alla cannella è così delicata che si scioglie in bocca.

Calici eroici

Inerpicati a terrazze sui fianchi della montagna, i vigneti di chiavennasca sono il camaleontico manto che riveste la valle. Sono la testimonianza di una viticoltura eroica, per il lavoro e l’enorme sforzo che richiedono. Basti solo pensare ai 2.500 km di muri a secco costruiti a mano.

Così come manualmente avviene la raccolta dell’uva. Celebrata e raccontata persino dal cinema da Ermanno Olmi, nell’emozionante film documentario Rupi del Vino, l’enostoria della Valtellina è un susseguirsi di racconti e metodi tramandati di famiglia in famiglia. Come si evince dalle parole dell’elegante Pietro Nera, baffetto ben rasato e compostezza d’altri tempi, dell’omonima azienda vinicola: “lavoriamo con stima, fedeltà e nostalgia dei nostri avi e dei nostri nonni. Per loro i vigneti erano vita, perché erano la loro fonte di sostegno. Nonostante il progresso non vogliamo deluderli”. Ed è così. Le docg Sforzato e Valtellina Superiore sono ottimi nettari che meriterebbero molta più notorietà. Basti anche pensare alla accurata catalogazione delle zone, un modo per dimostrare come le caratteristiche del territorio cambino di area in area.

Tant’è che il Valtellina Superiore si distingue in cinque categorie: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella. Sforziamoci, è il caso di dire, di apprezzare le meraviglie che spesso stanno più vicine di quanto pensiamo.

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