3rd

Marzo

Stramilano – DìENòtt

Adriana AstiQuando leggi Shakespeare, pensi che la lingua migliore sia l’inglese. Quando leggi Virgilio, pensi che sia il latino. Quando leggi Dante, l’italiano. Quando leggi Goethe, il tedesco…e quando leggi Carlo Porta?
La risposta la trovate tutte le sere sul palco del Teatro Manzoni, dove una donna di Milano guarda la sua città e ce la racconta attraverso la musica, le parole, la prosa, la poesia ma, soprattutto, attraverso una simpatia contagiosa.
Adriana Asti indossa un serioso frac ma è illuminata da due folgoranti occhioni neri che il tempo non ha cambiato e da un’accesa capigliatura rosso vermiglio.
Insieme a lei, solamente tre strumenti e i loro bravissimi suonatori: un pianoforte (Gian Luca Faccini), un violoncello (Ilaria Catozzi) e un clarinetto (Alessio Terranova).

Ma non bisogna lasciarsi ingannare, il palco è tutt’altro che deserto. Al contrario, è gremito di immagini e ricordi, di canzoni popolari e d’autore, di pezzi noti e meno noti.
Adriana Asti disegna con la voce e con le mani un grande labirinto in cui sfilano vecchi amici di questa città a lei tanto cara: Enzo Jannacci, Lucio Dalla, Roberto Vecchioni, Alessandro Manzoni, Paolo Conte, Giorgio Gaber, Delio Tessa, Ferdinando Fontana, Giovanni Testori e tanti altri. Le citazioni si rincorrono per tutto il palco, scendono nella platea insieme alla verve di questa genuina e folgorante mattatrice, piena di brio e di comunicativa. Il pubblico intorno a me anticipa le parole delle canzoni, batte le mani una quantità di volte, ride, sorride, sta al gioco, chiede il bis.
Tutta gente che nella Milano rappresentata questa sera ci è nata e cresciuta, mica come me che ne colgo solo una vaga parvenza, che ritrovo le canzoni irriverenti di mio padre mentre si faceva la barba e mi rammarico di non aver corso lungo quelle ringhiere, di non aver visto la famosa Porta Romana bella, di non saper parlare questo bel dialetto così verace e ridanciano.

La fine dello spettacolo arriva troppo in fretta e siamo già tutti lì a chiedere il bis di “Montecarlo”. Negli anni 60 era cantata da Johnny Dorelli ma la sua musicalità cantilenante ha prestato il fianco alla parodia. Non vi dico nulla di più, vi garantisco solo che è esilarante!


di Claudia Bavelloni

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