19th

Luglio

Solomon Burke

Se tutti da anni lo chiamano “The King of rock & soul”, un motivo ci sarà. E noi lo abbiamo scoperto nel concerto che Solomon Burke ha tenuto sul palco del Brianza Blues Festival alla Villa Reale di Monza. Quando lo raggiungiamo in camerino, dopo lo show, la grinta che poco prima graffiava con stile unico gli acuti di Cry to me ha lasciato il posto a un sorriso serafico. Fuori dal palco, il Re fa quasi tenerezza mentre si lascia asciugare il sudore sulla fronte dalla nipote corista. Parla piano come in una preghiera e pesa ogni parola come se fosse l'ultima. Quasi immobilizzato dal peso degli anni, chiacchiera di musica per un po' e poi ci saluta con una delle sue benedizioni.

Cinquant'anni da Re del rock & soul e la gente continua a cantare le Sue canzoni. Che effetto fa?
“È meraviglioso. Certe volte ancora mi sorprendo a pensarci, un po' incredulo. Ma soprattutto la considero una benedizione per me e una lezione per i giovani artisti: è la prova di come puoi raggiungere la vetta dei tuoi sogni semplicemente rimanendo te stesso e solo con le tue forze, senza bisogno di droghe o di altre distrazioni. Basta credere in quello che fai e non perdere d'occhio ciò che vuoi veramente. È ciò che faccio io, ancora adesso”.

Nel 1960 ha firmato con la Atlantics Records. Il rock e il soul erano appena nati. Che ricordi ha di quel periodo?
“È stato un periodo della mia vita davvero incredibile. Cominciai a lavorare con Sonny & Cher, Bobby Darin, The Drifters e altri grandissimi nomi. C'era un grosso fermento e un'atmosfera di rinnovamento. La gente cominciava ad amare questa musica e i nostri nomi. Oggi, mentre mi esibisco, io porto sul palco i ricordi di quell'epoca, come dei flash che mi illuminano la mente. Canto le canzoni di allora e sento di farlo come una missione, che ripeterò domani e dopodomani ancora, e così via”.

Tutti questi artisti, soprattutto quelli che ormai non ci sono più, ci hanno lasciato una bella eredità di quel periodo d'oro. In che modo possiamo onorarne il ricordo oggi, dopo tutti questi anni?
“Il significato della vita è racchiuso nei sogni. Ma il segreto è fare in modo che essi diventino realtà. Noi abbiamo cambiato le cose quando era il momento di farlo. La musica è stato solo uno dei modi possibili, ma è quello che abbiamo scelto. Adesso ciò che dobbiamo fare è continuare a impegnarci per cambiare le cose che non vanno bene, continuare a fare in modo che i sogni diventino realtà”.

I tempi adesso sono molto diversi, forse non c'è più quell'ottimismo generale che si respirava al suo esordio. Cosa ne pensa dello stato attuale del “far musica”?
“Penso che sia davvero il momento propizio per tutti quelli che si occupano di musica in differenti modi, dai produttori ai performer, dagli arrangiatori ai songwriter. Bisogna vivere queste esperienze come una vera opportunità. Viviamo in un'epoca differente ma potenzialmente più ricca di possibilità: è l'era del digitale, dell'elettronica, in cui niente è impossibile (Nothing is impossibile è il titolo del suo ultimo album, ndr)”.

Cosa suggerirebbe ai giovani musicisti che adesso coltivano il sogno di vivere di musica?
“Direi che è il momento per mettersi in gioco, per essere veramente se stessi e per raccogliere la propria energia. La consapevolezza di sè è la sola cosa necessaria per essere ciò che vogliamo e per diventare ciò che sentiamo il bisogno di essere. Ragazzi, non desistete, non fermatevi, non guardate indietro e non rimandate al futuro. Il vostro turno è adesso, tenetevelo stretto”.

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